La terapia occupazionale e il concetto Bobath: una sinergia efficace per il recupero funzionale

INTRODUZIONE:

Nell’ambito della riabilitazione neurologica, il metodo Bobath rappresenta uno delle più consolidati e riconosciuti approcci terapeutici per il trattamento dei pazienti con disfunzioni motorie e posturali derivanti da lesioni cerebrali. In questo contesto, il contributo della Terapia Occupazionale assume un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi riabilitativi di tali pazienti. La Terapia Occupazionale, infatti, mira non solo al miglioramento delle abilità motorie e delle funzioni senso-motorie, ma anche al recupero dell’autonomia e del benessere psicofisico del paziente, attraverso interventi mirati all’adattamento delle attività quotidiane e lavorative. Grazie alla sua natura inter e multi-disciplinare, la Terapia Occupazionale si integra perfettamente all’interno del concetto Bobath, favorendo un approccio olistico e individualizzato al trattamento, e garantendo quindi un percorso riabilitativo completo ed efficace, capace di restituire al paziente una migliore qualità di vita.

La Terapia Occupazionale punta ad aiutare l’individuo a ritrovare autonomia nelle attività quotidiane attraverso esercizi mirati; mentre il concetto Bobath si concentra sulla rieducazione motoria agendo sulla plasticità cerebrale. Se siete curiosi di conoscere in che modo queste due discipline collaborano nella riconquista dell’autonomia, se vi siete mai chiesti quali benefici possano derivarne dal loro utilizzo combinato, continuate a leggere per scoprire tutte le risposte alle vostre domande ed esplorare gli incredibili progressi che possono essere raggiunti grazie all’integrazione tra Terapia Occupazionale e Concetto Bobath nell’ambito del recupero funzionale.

Indice

Cos’è il Concetto Bobath

Cos’è l’IBITA

Le attività funzionali: gli errori più comuni

I Compensi motori più frequenti

Il contributo del Terapista Occupazionale nella riabilitazione neurologica

Il concetto Bobath

Il Concetto Bobath ha preso origine nel lontano 1943 con i fondatori Karel e Berta Bobath, che iniziarono a trattare bambini e adulti con disordini neurologici;
da allora il concetto Bobath ha visto una grande e costante evoluzione teorica e pratica, in linea con i tempi e sempre aggiornata alle ultime conoscenze e scoperte scientifiche, in uno sviluppo dinamico e continuo della Riabilitazione Neurologica;

Cos’è l’IBITA

L’International Bobath Instructors Training Association (IBITA), fondata invece nel 1984, è l’organizzazione mondiale di istruttori qualificati per l’insegnamento e la diffusione del concetto Bobath;
Alla luce delle nuove conoscenze, l’IBITA cerca di colmare il gap tra assunti teorici e pratica clinica, per cui supposizioni teoriche e pratica vengono regolarmente riviste e aggiornate;

oggi l’IBITA riunisce istruttori (Fisioterapisti e Terapisti Occupazionali) di tutto il mondo e si occupa della formazione di fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e medici, sulla valutazione e il trattamento di soggetti con lesioni del SNC;
L’associazione ha sede in Svizzera, l’ufficio ubicato nei Paesi Bassi.

Le attività funzionali: gli errori più comuni

Una lesione cerebrale, esita, almeno all’inizio, con una paresi o paralisi più o meno grave;
Il Sistema Nervoso Centrale (SNC) è molto vulnerabile in questa fase (vedi post sulla Neuroplasticità) ed è amplificata la capacità di creare nuove connessioni;
siccome noi impariamo attraverso il “fare”, in questa fase il paziente tende a imparare facilmente nuove modalità e strategie, che possono sembrare appropriate in quel momento;
ciò che il paziente è stimolato a fare, o che gli viene richiesto di provare a fare in modo autonomo, dai curanti, dai familiari, dall’ambiente o da sé stesso, guiderà il suo SNC a creare nuove connessioni;
chiedere a un paziente di svolgere attività quotidiane allo scopo di rendersi autonomo, quando il controllo posturale o motorio non è ancora sufficiente allo svolgimento delle attività stesse, il rischio è di alimentare strategie compensatorie;

anche mettersi seduto da solo sulla riva del letto, porterà il paziente a compensare se il suo controllo posturale non sarà sufficiente per farlo in sicurezza;
se per raggiungere un obiettivo di autonomia il paziente è portato a utilizzare dei compensi, senza badare al “come” svolge il compito, da lì a breve la strada per il miglioramento può arrestarsi;

perché può avvenire ciò?
Perché il cervello è proiettato verso il successo e la gratificazione immediati, per cui, davanti a una soluzione alternativa facile, il sistema non sarà stimolato a concentrarsi sul processo funzionale necessario per raggiungere quell’obiettivo e quindi limitato a recuperare le funzioni necessarie (Held, 1987);
si creerà una sorta di competitività tra la formazione di connessioni “anormali” e connessioni appropriate, portando a limitare anche le funzioni che sono state risparmiate dalla lesione, che invece di essere stimolate vengono in qualche modo inibite;
vediamo di fare chiarezza:
abbiamo visto che la Neuroplasticità, porta il SNC a incrementare le potenzialità di recupero dopo una lesione; mentre l’edema e la zona di ombra intorno alla lesione si riducono, e la circolazione sanguigna migliora, i neuroni iniziano a riattivarsi e alcune funzioni risparmiate dalla lesione, ma neutralizzate da questa situazione traumatica, possono ricomparire spontaneamente (recupero spontaneo); se il paziente, durante questa fase, impara strategie compensatorie, le funzioni preservate potrebbero risultare non più necessarie e vederne scoraggiato il recupero; ciò che il cervello percepisce come appropriato nella fase acuta, è probabile che possa venire consolidato e poi difficile da modificare;

I Compensi motori più frequenti

Quando il controllo dell’equilibrio e del movimento sono ancora precari per poter garantire la stabilità necessaria, ad es. per mantenere la stazione eretta durante un compito, eseguire un trasferimento o affrontare la deambulazione senza cadere e senza sentirsi insicuro, il sistema reagisce compensando;

ciò che più comunemente accade è che il paziente inizia a compensare alla mancanza di stabilità posturale con le braccia, ovvero si afferra, si tira e si aggrappa ovunque trovi appiglio; oppure sposta il carico unicamente sul lato “conservato”, o si fissa curvandosi in flessione di tronco o in flessione e adduzione delle anche, spinge con l’avampiede sul pavimento, oppure guarda in basso spostando la testa in avanti, utilizza la vista per raccogliere più informazioni, ignorando così quelle somato-sensitive che gli arrivano dal corpo, rischiando di cadere alla prima distrazione;

Il SNC ha una sua intelligenza, siccome il suo scopo principale è quello di garantire l’incolumità, ovvero la sicurezza della persona durante l’attività, valuta e recluta le strategie alternative possibili in base a quello che c’è; il reclutamento di strategie alternative avviene in risposta alla compromissione dell’equilibrio e saranno tanto più presenti quanto più l’equilibrio sarà scarso;
tante sono le strategie compensative adottabili e avere un’approfondita conoscenza di come e quando queste si instaurano, è fondamentale per guidare in modo costruttivo il paziente nel suo percorso di recupero già dalle prime fasi;
tutti questi “vizi” spesso vengono alimentati involontariamente se non si conoscono i meccanismi che li sottendono, e rischiano a lungo andare di creare degli schemi posturali strutturati che non consentiranno al sistema di evolvere ulteriormente, limitando quindi anche il reale potenziale di recupero delle autonomie;

Il contributo del Terapista Occupazionale nella riabilitazione neurologica

Da tutto ciò, si potrebbe dedurre che il bisogno di autonomia venga messo in secondo piano a favore dell’esercizio terapeutico e che possa rendersi necessario spiegare al paziente che la sua fretta di autonomia dovrà “aspettare” l’acquisizione di quelle condizioni motorie sufficienti per evitare la genesi di apprendimenti disfunzionali;

Nei fatti, succede però che non sempre il percorso può essere portato avanti nel modo ideale, così come il nostro SNC vorrebbe, non quando l’ideale si scontra con una realtà contrastante;

Il Terapista Occupazionale dell’ambito riabilitativo neurologico, come il collega fisioterapista, è tenuto a formarsi in questo senso, in modo da avere sempre chiaro quali esercizi e attività siano idonee per quel paziente in quel dato momento e soprattutto “come” sarà necessario adattarle per agevolare il recupero;
se per il paziente un’attività è significativa, allora l’attenzione del terapista sarà volta verso quegli strumenti pensati per facilitare ad es. la tenuta del tronco per favorire lo svincolo degli arti, frazionare un compito per adattarlo alle attuali competenze motorie, insegnare a minimizzare l’utilizzo delle braccia, a non aggrapparsi a cose e persone, ecc..

prestare attenzione a “come” si svolge un compito o un’attività piuttosto che focalizzarsi esclusivamente sul raggiungimento dello scopo, guiderà il sistema a creare connessioni appropriate e potrà portare il paziente a esprimere nel tempo tutto il suo potenziale residuo;

Da Terapista Occupazionale con esperienza clinica nella fase sub-acuta di pazienti con grave cerebrolesione acquisita, i fattori da considerare per un intervento che rispetti e abbracci sia il corretto intervento che i bisogni del paziente, deve tener conto di una serie di Fattori che possono influenzare alcune scelte terapeutiche;

  • ogni paziente è diverso e unico, non solo per lesione, ma anche e soprattutto per bisogni, doveri, desideri, realtà familiari e ruoli sociali;
  • diverso è l’ambiente di cure in cui il paziente è inserito o l’ambiente di vita a cui dovrà tornare;
  • diversi possono essere i tempi riabilitativi a disposizione; Questi fattori non possono non essere considerati e spesso richiedono l’accettazione di compromessi;
    ad es. un paziente senza rete familiare, destinato a una struttura, o con contesti familiari e sociali fragili, potrà vedere rivalutate le priorità di intervento; inoltre oggi con la società multiculturale in espansione, più frequentemente si deve fare i conti con situazioni sociali complesse che vedono un ragionevole e impellente bisogno di autonomia costi quel che costi, dove diventa fondamentale il raggiungimento dell’obiettivo in tempi rapidi a discapito di una qualità del percorso;
    l’accettazione di qualche compromesso, non avviene solo per i casi sociali, ma rientra nelle scelte terapeutiche quotidiane del Terapista Occupazionale, vedi ad es. la precoce e comprensibile urgenza del paziente di riappropriarsi dell’utilizzo del bagno;
    Il Terapista allora dovrà individuare le modalità più consone allo scopo, che portino rispetto sia al recupero della funzione motoria, sia al soddisfacimento del bisogno di autonomia; Il Terapista Occupazionale, vede la Performance del paziente come il prodotto dell’interazione dinamica tra individuo, compito e ambiente;
    per l’elaborazione dell’intervento riabilitativo, il Terapista Occupazionale, oltre a considerare tutti i fattori spiegati fin’ora, ha il compito di contestualizzare ogni scelta terapeutica a partire dalla valutazione di queste tre dimensioni, in una visione che non si limiti alla riabilitazione della singola funzione compromessa, ma che comprenda la persona nella sua totalità e il contesto di vita in cui è inserita; vediamo quali sono i fattori che vengono valutati dal Terapista Occupazionale per le sue scelte terapeutiche: Aspetti legati all’individuo:
  • tipo di lesione; età; sesso; comorbidità;
  • tratti caratteriali e aspetti psico-emotivi;
  • bisogni, doveri e desideri;
  • i ruoli che ricopre: familiari (marito, padre, nonno..), sociali (in base alla posizione che occupa), lavorativi;
  • background di vita e abitudini pregresse; Aspetti legati al compito:
  • quali compiti/attività il paziente desidera o deve svolgere;
  • se il compito/attività è significativo, perché questo ne determina la motivazione e la determinazione;
  • il tipo di compito e le competenze necessarie per svolgerlo (motorie, cognitive, sensoriali e percettive);
  • se le tempistiche necessarie per svolgerlo sono adeguate, sia per la persona e per quel contesto;
  • che il compito possa favorire il giusto equilibrio tra difficoltà e capacità;
  • valutare se il compito potrà essere svolto recuperando le funzioni necessarie, o se dovrà essere adattato alle funzioni residue;
  • conoscere come il compito veniva svolto prima (per facilitarne il riapprendimento)
  • se il compito rispetta la cultura di appartenenza Aspetti legati all’Ambiente:

• Ambiente fisico, familiare, sociale, culturale, istituzionale; ambienti fisici, setting di vita, di lavoro, le risorse familiari, le relazioni amicali, la cultura di appartenenza ecc..sono fattori che influenzano tantissimo il percorso riabilitativo; possono risultare favorenti o ostacolanti il recupero del paziente e influenzare le scelte terapeutiche da parte del Terapista;

  • in quale ambiente, la funzione allenata dovrà essere prevalentemente spesa;
  • coinvolgere le persone vicine al paziente rendendole parte attiva del progetto riabilitativo
  • considerare anche eventuali bisogni del caregiver
  • considerare quanto l’ambiente può essere plasmato e utilizzato come strumento facilitante per l’acquisizione di nuove abilità o per agevolare l’esecuzione di quelle già acquisite; L’intervento del Terapista Occupazionale diventa ancora più di nicchia quando l’allenamento e il recupero di una funzione motoria, non sia sufficiente per poi essere automaticamente generalizzata e trasferita nelle attività di vita quotidiana e in tutti gli innumerevoli contesti di vita della persona;
    per pazienti con compromissioni anche cognitive importanti, questo passaggio non avviene in automatico, riacquisire dei movimenti (ad es. muovere braccio e mano) dopo una lesione cerebrale, non per tutti i pazienti si traduce direttamente anche nella rispettiva acquisizione di autonomia (ad es, lavarsi i denti, o mettersi una maglia); soprattutto se la lesione riporta anche deficit cognitivi, e/o percettivi e/o comportamentali, l’allenamento della funzione motoria, da sola non basterà perché questa poi possa essere spesa fuori dal setting riabilitativo, ma andrà rieducata nel contesto ecologico e riappresa con training mirati; Il Terapista Occupazionale può impostare il suo intervento riabilitativo sull’allenamento delle singole funzioni in virtù poi delle attività che il paziente dovrà o vorrà svolgere, oppure può allenare l’attività stessa come fine o come mezzo riabilitativo, là dove si renda necessario;